Il primo viaggio in “bote” (barca) è sempre indimenticabile per un “alloctono”.
Percepire il tortuoso e incessante scorrere del Rio sotto i tuoi piedi trasmette un’energia vitale percettibile mentre l’odore salmastro dell’acqua torbida del fiume ricco di alghe e benthos è forte ma piacevole.
È il potere dolce dell’acqua che oltrepassa il sottile e al contempo robusto strato di legno di cui è interamente costituita questa specie di lunga zattera alimentata a motore.
L’affinità che nei secoli questi popoli hanno sviluppato con il fiume è palpabile, così come la disinvoltura nell’arte della pesca. Dopotutto per la maggiore da esso dipendono.
Mario, un guardabosque robusto dallo sguardo austero, direziona con abilità il mezzo, dimostrando una grande esperienza lunga forse quasi una vita intera. Il Rio Las Piedras, con i suoi oltre 600 km di lunghezza, si dirama per l’intera regione di Madre De Dios fino al Rio Delle Amazzoni e spesso è l’unica via di spostamento possibile e la più conveniente per evitare interminabili ore di percorrenza sulla terra ferma. Il tempo che impiegheremo per coprire la distanza che intercorre tra la cittadina di Puerto Maldonado e la concessione è di un paio di ore, ma tra chiacchiere e sguardi speranzosi di scorgere il famoso caimano del Perù, scorrono abbastanza in fretta. Mario sa il fatto suo, è un capitano dalla scorza dura e dal cuore gentile. Il primo passo nella riserva è incerto, con i nostri stivali di gomma anti serpente che sprofondano nella sabbia sottile con milioni di “mosquito de plaia” (paragonabili alle zanzare italiane più rabbiose che abbiate mai visto) che ci assalgono sentendo odore di carne fresca. Scarichiamo viveri e borsoni ed entriamo in quello che è un micro villaggio immerso nella foresta costeggiato da una fitta vegetazione e dal suono degli animali che in lontananza, nel verde intenso, dichiarano insistentemente la loro presenza. Le capanne in legno con i tetti di palma autoctona disposte ordinatamente in file sovrapposte per rendere il tutto impermeabile sono peculiari e si addicono bene al contesto. Una piacevole sorpresa ci accoglie e ci fa dimenticare la stanchezza del lungo viaggio e il clima afoso del Perù: un boa constrictor trovato a gironzolare nei pressi delle capanne attirato forse dai roditori in cerca di avanzi. Intontito da tutto il chiasso circostante così diverso dai rumori della foresta a cui è abituato, dimostra una docilità incredibile e ci consente, pacato , di carezzare la sua pelle setosa prima di riconquistare la sua casa nel profondo della selva.
Ci sistemiamo nella” capanna degli ospiti” e ci apprestiamo a raggiungere la cucina che è anche il principale luogo di ritrovo della concessione...
Un gruppetto variegato di peruviani è pronto ad accoglierci, mentre Mario ci raggiunge dopo aver ancorato la barca e aver sistemato gli ultimi borsoni.
All’interno della riserva attualmente lavorano quattro guadabosques e una cuoca tuttofare, Margarita, l’unica donna del gruppo. Gli uomini, Seli, Mario, Alex e Andrès, provengono da diverse zone del Perù, ognuno con vissuti e storie molto diverse ma accomunati dal medesimo amore per gli alberi che lega anche noi italiani a questa complessa realtà. Margarita è una donnina minuta dal temperamento forte e risoluto che ben si adatta alle prolungate e necessarie permanenze per la gestione di Arbìo e dei suoi guardiani. Sarà lei ad occuparsi dei pasti da lì fino alla fine della nostra permanenza. Sicuramente riso e avocadi non mancheranno mai nel menù. L’indomani inizieremo il censimento dei grandi alberi nel fitto della selva…ci troveremo al cospetto di giganti millenari alti 50 metri che custodiscono in loro la memoria storica di migliaia di stagioni, innumerevoli albe e tramonti, testimoni silenziosi del lento scorrere degli anni e dei secoli. Sono loro l’eredità inestimabile dell’umanità e del pianeta!