Gianni scende allora saltando tra i rovi e finalmente lo vede. Immenso. Lui, mai aveva visto un albero così poderoso, stagliarsi enorme, sopra tutti gli altri alberi, di almeno alcuni metri. Il tronco enorme alla base, che si rastrema gradatamente verso l’alto, poi a oltre un terzo dell’altezza i primi rami, quasi secchi, più oltre la fitta chioma verde. Su, più su, fino in cima. Dove non c’è una vera e propria punta. Ma un nido. Come di enorme cicogna.
Un albero straordinariamente grande e incredibilmente maestoso. L’avevano trovato.
Andrea misura da un lato, rimisura dall’altro. Gianni segna, fa la media, collabora entusiasta. L’albero è su un crinale per cui il colletto non è in piano, quindi le misure col laser vengono prese tutte dallo stesso punto orizzontale. Per essere precisi, alla misura media totale (59,50 metri) misurata col laser, si deve sommare la metà della risultante del dislivello esistente tra il lato a monte e il lato a valle (42 cm : 2 = 21 cm). L’albero sfiora quindi di poco i 60 metri, 59,71 è la misura finale.
La circonferenza a petto d’uomo è pari a 7,13 metri. Un vero gigante per la sua specie. Mi spiace solo che l’attrezzatura per l’arrampicata sia rimasta giù alla moto, probabilmente la pianta è più alta, forse anche di più di un metro. Il nido di cicogna ci impedisce di vedere l’effettiva cima e di misurarlo correttamente”. “Comunque possiamo stare contenti”, ribatte Gianni. “C’è solo un piccolo problema, ho finito le batterie del cellulare utilizzando tutto il giorno il GPS. Non riesco più a fare le foto”. “Ma dai! Vai a quel paese”, grida Andrea. Ma non è poi così arrabbiato. Il Gigante si è fatto trovare. Questo è ciò che conta. Accarezzando la corteccia rugosa “Lo chiameremo Doria GTF in onore della nostra Fondatrice”, conclude allegro, scatta poche foto col suo vecchio telefono portatile,
“Tanto faranno sicuramente schifo, come quelle che fai di solito” lo canzona Gianni, e insieme scendono quasi correndo a dar la gran notizia agli altri.
La sera festeggiamo tutti insieme la fantastica scoperta ma il viaggio di esplorazione non è comunque
finito.
Passiamo in Albania per una breve visita a Berat, famosa per il quartiere dall’architettura ottomana, e
poi a Croia dove visitiamo la fortezza di Skanderberg. La sera siamo già in Macedonia e grazie a Roberto
che ha trovato come al solito una gradevolissima trattoria, brindiamo con un ottimo vino locale alla
fantastica scoperta di Doria GTF, gustando le famose trote del lago di Ocrida.
Nella piazza centrale di Ohrid ci attende uno dei platani orientali più maestosi dei Balcani: un antico
albero ormai completamente cavo, il cui fusto, diviso in più parti si può tranquillamente attraversare a
piedi. Discutibili interventi di dendrochirurgia e potatura hanno cercato di aiutare l’enorme pianta a
sopravvivere ma forse ne hanno accelerato il deperimento. Sebbene la chioma sia ancora vigorosa, ma tutta
composta da “reiterazioni” piuttosto giovani (cioè rami rinnovati non appartenenti alla struttura
originaria), il fusto dimostra tutta la sua vecchiaia. In bibliografia la sua circonferenza risulta
superiore ai 18 metri, ma secondo le nostre ripetute misurazioni non supera i 14. E’ possibile che la
misurazioni di 18 metri sia stata effettuata prima di una ulteriore perdita di parti di fusto dovute a
patogeni fungini o a manipolazioni subite dal fusto in seguito all’attività umana ma resta tuttavia una
misurazione opinabile che poco ci ha convinto. Resta il fatto che comunque che anche i “soli” 14 metri di
circonferenza lo pongono tra gli esemplari di questa specie più grandi d’Europa.
Intorno al lago su una strada di campagna scopriamo roverelle di dimensioni notevoli e paesaggi
mozzafiato. Grazie alla mediazione di Branko, il padrone della casa in cui alloggiamo, orgoglioso del suo
impianto di distillazione ci offre rakia e amicizia, proponendo l’esplorazione di vecchi pascoli. Il
giorno successivo vi troveremo numerose roverelle secolari, che con i loro fusti di oltre 4 metri di
circonferenza e la loro chioma globosa si stagliano in mazzo ai pascoli per dar sollievo e ombra alle
mandrie.
Nel percorrere queste zone dei Balcani, abbiamo trovato anche vecchi boschi di castagni ultracentenari con
circonferenze superiori ai 7 metri, e soprattutto altri platani, oltre a quello di Ohrid, di dimensioni
inaspettate a conferma della capacità che possiede questa specie nel raggiungere misure veramente
considerevoli. In Albania abbiamo scoperto un’intera foresta di platani dove almeno 20 esemplari
superavano i 6 metri di circonferenza; uno di essi, praticamente sospeso nel vuoto scavato da un ruscello,
e sostenuto solo da un “pistone” radicale, raggiungeva gli otto metri. Un altro, nel paese di Leskovik con
una rigogliosissima chioma mai potata e un fusto di oltre 5 metri, ospitava una fontana zampillante
inglobata all’ interno del suo tronco. Proseguendo, vicino a Tepelene, un altro platano, di quasi otto
metri di circonferenza cresce sopra un fragoroso torrente che sfocia nella Viosa, fiume citato nel canto
di guerra Sul ponte di Perati in cui si piange la sorte degli alpini della Julia. Di certo il maestoso
albero ha visto passare sotto di sé quei poveri ragazzi e purtroppo molti altri soldati e altrettante
guerre, ma ora sotto le sue chiome ci sono allegri venditori ambulanti che dietro le loro bancarelle
gridano forte per superare la voce tuonante del torrente, non il rombo delle bombe o il gracchiare della
mitraglia.
Lo stretto rapporto tra i grandi platani e l’acqua ci ha richiamato alla memoria l’albero della vita, alla
base del quale, in quasi tutte le religioni, sgorgava una fonte zampillante. Osservare interi boschi di
platani selvatici crescere accanto a fiumi e ruscelli è stato per noi, abituati a vederli allineati a
delimitare i nostri viali, una esperienza emozionante.
Come avviene anche in Italia, scendendo dalle montagne e di latitudine, anche qui gli alberi perdono la
tendenza ad innalzarsi verso l’alto e acquisiscono la capacità di strutturare fusti enormi, per quanto
bassi e tarchiati; dotati di chiome dense e globose, possono raggiungere età ragguardevoli. Sono alberi
pieni di cavità e di segni lasciati dalle ingiurie del tempo, che danno riparo ad animali, funghi,
insetti, e contribuiscono a mantenere elevata la biodiversità dei boschi con il loro tramutarsi in humus e
terra. Un lentissimo divenire altra vita, in tempi secolari con estrema pazienza. Un decorso verso una
morte certa ma serena, piena di dignità e di rinnovate speranze.
Quando. al ritorno, abbiamo brindato al successo della nostra esplorazione, Aldo ci ha guardato tutti
negli occhi e ci ha detto:
E inforcando per l’ultima volta le nostre moto siamo tornati a casa ancora pieni di un rinnovato stupore
per questi nostri progenitori verdi che nell’infinita varietà di forme e modi, spesso senza che noi
neppure ce ne accorgiamo, ci fanno dono della loro meravigliosa e incredibile esistenza.
I semi del prossimo viaggio sono già stati piantati.