Poche ore oramai ci separano dall'immensa quiete della selva...
Le giornate trascorrono spesso terribilmente lente nei lunghi viaggi, un po’ per l’impazienza di giungere a quella destinazione che funge quasi da tappa fondamentale di vita qualunque essa sia, un po’ per la stanchezza che comportano.
Noi quattro, insieme al peso gravoso delle responsabilità del viaggio e del borsone di 23 chili, con le nostre emozioni e le nostre paure chiuse in uno zaino e in quei pochi vestiti e effetti personali.
Un pranzo veloce a Roma è il preludio di quella che sarebbe stato il nostro ritmo di vita quotidiano per le prossime settimane
e tra una corsa e l’altra finalmente ci imbarchiamo dando il via allo step cruciale della traversata, il volo di 11 ore filate. I miei tre compagni sono stipati in posti effettivamente troppo piccoli per persone oltre la media. Pensare ai 200 centimetri di Simone e Giovanni mi fa star male per loro. Incredibilmente l’unico a soffrire evidentemente e rumorosamente è Andrea che irrequieto si accartoccia come può per evitare crampi e malumori con scarso successo. Io mi accoccolo godendomi il mio piccolo spazio vitale ma so che la pazienza non è il mio forte. Sarà una lunga lunga notte. Penso alla vastità della foresta, ai peruviani di cui ignoravo l'esistenza e che mai avrei pensato di incontrare e a come cambierò dentro e fuori dopo questo mese. Chiudiamo gli occhi e una quantità indecifrabile di ore dopo, un po’ ammaccati e provati siamo arrivati, siamo in Perù...a oltre dieci mila km da casa. L'idea mi rende euforica. L’aria afosa al di fuori ci investe subito, nulla ha a che vedere quell’ambiente con gli odori e i colori italiani. Caricati su un furgoncino un po’ malconcio ma spazioso, ci dirigiamo insieme alla “capitana” di Arbio, Tatiana Espinoza già collaboratrice della GTF, verso Puerto Maldonado, ultima frontiera semi urbana prima della foresta. Il luogo è terribilmente caratteristico, palme di cocco svettano lungo i bordi di una piscina circondata dall’intera struttura, file di motociclette appollaiate lungo il corridoio di ingresso, zanzariere ad ogni finestra. Odore di uova fritte e un vociare spagnoleggiante di donne e uomini pervade tutto incessantemente. Risate di bambini e musica latina delle costanti per l'intero soggiorno. Il tempo per il popolo peruviano scorre lento e pacato, è dura abituarsi anche a questo ma le buone intenzioni ci sono. Sistemati i bagagli ci prepariamo per la cena ben consapevoli che l’indomani avremmo affrontato il tragitto che separa l’amazzonia dall’ultima frazione cittadina e tutti siamo evidentemente stanchi ma felici.
È in quel verde avvolgente che dobbiamo andare e in cui siamo stati chiamati.
L’indomani, di buon’ora colazione a base di uova, yogurt e frutta "esotica" come speravo. Si può scorgere un albero di avocado o mango in ogni aiuola.
Arriveremo a Madre De Dios solo in tarda mattinata affrontando la povere di strade sterrate dal particolare tono rossiccio e le due ore di barca lungo Rio Las Piedras che portano all’ingresso della concessione, per cui è opportuno fare “scorta” per poter mettere qualcosa nello stomaco nelle prossime ore. Abbandonare il fragore delle città e delle nostre menti, avvolgersi nella calma della grande foresta e ascoltare il suo lieve sussurro sarà una cura per tutti noi. Ripristinare quel contatto antico tra la terra e l’uomo che tende sempre più ad affievolirsi e che tanto inconsciamente e non ricerchiamo disperatamente, è una necessità e un bisogno concreto e tutelare queste creature inestimabili un debito improrogabile verso la madre terra.