Il cedro del Marchese
Esisteva ancora il Platano di Flumignano
quello che l'allora Marchese Fabio Mangilli aveva piantato nel 1877, non nel suo parco ma nella piazza del paese per festeggiare la nascita del figlio Massimo. E la piazza, una volta che il platano era cresciuto immenso e l'aveva tutta occupata con i suoi rami, aveva preso il suo nome. Piazza del Platano.
Lo avevamo curato con attenzione. Pur se già aggredito dal cancro lento e inesorabile che gli bloccava la traslocazione della linfa attraverso le sue potenti fibre. E il giovane Marchese ci aveva osservato correre e volare tra i rami.
E poi ci aveva chiamato. "C'è un altro grande albero che ha bisogno di voi". Entrammo allora nel parco, a quel tempo un poco trascurato, e spostando rami di aucube e noccioli ci trovammo davanti l'incredibile e poderoso fusto di un cedro favoloso. Occupava solitario una grande area del giardino e si alzava imperioso per quasi trenta metri. "Non voglio che muoia". Passando da un gigante all'altro lo curammo attentamente togliendo rami secchi sui rami a candelabro per quasi quattro giorni. Nel tempo la cura del parco passò poi alla sorella. La "Marchesina". Innamorata delle piante e del suo giardino, da sola incominciò a ricostruire vialetti, a piantare alberi, fiori, rose. E continuò a chiamarci ogni 4 o 5 anni per verificare la salute del vecchio cedro. Negli anni, l'amore e la passione di questa donna minuta e caparbia hanno dato nuova linfa al giardino. Siamo tornati da poco, per curare il vecchio cedro e la Marchesa aveva rimesso in funzione perfino la vecchia fontana, con tanto di vasca per i pesci, ricostruendo personalmente l'impermeabilizzazione di tutta la fontana. Nuovi alberi erano piantati ovunque, arbusti da fiore abbellivano i sentieri e vasi con gardenie di incredibile bellezza seguivano il sentiero principale. Il grande cedro ci aspettava. Da oltre 15 anni non eravamo più saliti sui suoi rami lunghi, aperti e poderosi. Uno di questi però era improvvisamente caduto in un giorno senza un alito di vento. Quasi fosse crollato semplicemente sotto il suo peso.
A volte accade per i vecchi cedri. Periodi di siccità seguiti da temporali, cambiano repentinamente il contenuto in acqua dei tessuti legnosi e quindi il loro peso. La massa totale risulta così elevata che la pianta non riesce a compensare in tempi rapidi la differenza di peso con una maggiore elasticità dei tessuti. E il ramo crolla al suolo senza apparente motivo. Proprio per questa ragione prevenire è meglio che curare. Un adeguato intervento di alleggerimento e selezione delle cime dei rami, in questo caso, può essere provvidenziale e può salvare l'esemplare. Ma non deve essere un capitozzo! La potatura di un cedro è invece un'operazione certosina, fatta con segacci e svettatoi, che porta all'eliminazione di opportune parti di ramo, a volte talmente piccole da sembrare insignificanti su un grande albero, tanto che poi alla fine, sembra quasi non si sia intervenuti. Infatti la pianta ha mantenuto la sua architettura e la sua bellezza, ma è più leggera, ariosa, quasi pulita ed ordinata. Eppure a terra rimane una grande quantità di verde asportato. Ma questa operazione, per essere fatta a regola d'arte, deve essere fatta dall'interno della chioma, seguendo l'accrescimento di ogni singolo ramo. Non può essere fatta con pesanti piattaforme aeree che obbligano l'operatore a lavorare al contrario di come una pianta cresce. E a tagliare alcuni rami solo perché il cestello deve passare!
E' l'uomo che si deve adattare alla pianta. e per farlo la deve scalare, percorrerla tutta. Con l'ausilio di corde, caschi e moschettoni. Tree-climber, arrampicatore di alberi. In completa sicurezza. Come richiede la legislazione italiana. Con adeguato brevetto abilitativo e mai, mai da solo!. Ma accompagnato da altri tree climbers in grado di poterlo aiutare in caso di difficoltà. Ma non basta arrampicare. Occorre sapere dove e come tagliare. Anzi. Questa è la cosa più importante. Conoscere il linguaggio corporeo dell'albero, le sue necessità, i suoi difetti. le sue risposte ai nostri interventi. Per il cedro del Marchese sono occorsi più di quattro giorni di lavoro di una intera squadra di arboricoltori specializzati.
Un intervento di rivitalizzazione della chioma eseguito durante la notte e la posa di una apposita fascia elastica per sorreggere una importante branca principale e potere al fine dire: "Ecco, ora ci siamo, è tutto a posto". E guardare l'immenso albero nella notte, toccare il suo grande tronco con un vecchio segno di ringraziamento e di preghiera prima di salutarlo ancora una volta.
Certi che lui ha sentito la nostra attenzione, la nostra tenace passione per giungere sulle punte più esterne appesi a una corda, certi che ha vissuto la nostra fatica assaporando altresì il nostro profondo desiderio di curarlo. E certi, quando il buio oramai ci avvolge mentre lasciamo il grande parco, che lui ci ha ricambiato, donandoci la sua potente energia buona.